lunedì 19 maggio 2008

I TERMODISTRUTTORI


Termovalorizzatori: non distruggono i rifiuti ma li trasformano in ceneri, scorie ed emissioni tossiche.



Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito ad una crescente e smisurata produzione di rifiuti indice di una società sempre più orientata verso i consumi. La gestione dei rifiuti è diventata un problema ambientale tangibile ovunque, soprattutto nei paesi in via di sviluppo spesso oggetto di importazioni illegali di rifiuti e di tecnologie produttive ad alto impatto sanitario ed ambientale. Molti governi europei, fra cui l’Italia, promuovono l’incenerimento come soluzione all’emergenza rifiuti e incentivano, attraverso contributi economici e facilitazioni amministrative (come le procedure semplificate), la costruzione di nuovi termodistruttori. Questa politica di gestione dei rifiuti contrasta le indicazioni della Comunità europea che prevedono, invece, una serie di linee di intervento, recepite a livello nazionale dal decreto Ronchi (1997), quali:

Ø prevenzione

Ø riutilizzo

Ø riciclo

Ø recupero di materia e poi di energia

Gli inceneritori, o termodistruttori, sono impianti di smaltimento che bruciano i rifiuti allo scopo di ottenerne una riduzione in peso e in volume. In realtà la fisica insegna che la materia non può essere né creata né distrutta e durante la combustione essa semplicemente si modifica. I termodistruttori non distruggono i rifiuti ma li trasformano in ceneri, scorie ed emissioni tossiche. Oltre a non risolvere il problema delle discariche, perché le ceneri dovranno essere a loro volta smaltite in discariche per rifiuti speciali, gli inceneritori non fanno fronte nemmeno all’emergenza rifiuti (in quanto la costruzione di un impianto richiede anni di lavoro) e, soprattutto, vanno contro ogni forma di prevenzione dei rifiuti. Tutti i tipi di inceneritori bruciano i rifiuti immessi ma rilasciano numerosi composti inquinanti nell’ambiente, sia sotto forma solida che gassosa. Questi impianti come soluzione allo smaltimento dei rifiuti:
§ Pongono un rischio sanitario - Molti degli inquinanti emessi come le diossine e i furani sono composti cancerogeni e altamente tossici.

§ Pongono un rischio ambientale - Le sostanze contaminanti emesse da un inceneritore per via diretta o indiretta inquinano l’aria, il suolo e le falde acquifere.

§ Non eliminano il problema delle discariche - Nonostante la diminuzione di volume dei rifiuti prodotti, il destino delle ceneri e di altri rifiuti tossici prodotti da un inceneritore è comunque lo smaltimento in discarica per rifiuti speciali, più costose e pericolose.

§ Non servono a risolvere le emergenze - La costruzione di un impianto di incenerimento richiede diversi anni di lavoro (almeno 4-6 anni) e pertanto non può essere considerato una soluzione all’emergenza per i rifiuti.
§ Richiedono ingenti investimenti economici - Sono impianti altamente costosi (almeno 60 milioni di euro) e a bassa efficienza che necessitano di un apporto di rifiuti giornaliero e continuo, in netta opposizione ad ogni intervento di prevenzione della loro produzione e pericolosità, principi che sono alla base della gestione dei rifiuti dell’Unione europea.
§ Disincentivano la raccolta differenziata - Questo sistema di raccolta in Italia si aggira intorno al 13 %, una percentuale irrisoria la cui crescita sarà fortemente penalizzata se la gestione dei rifiuti prenderà la via della combustione.
§ Non creano occupazione - La costruzione e l’esercizio di un impianto determina un livello occupazionale inferiore al personale impiegato nelle industrie del riciclaggio dei materiali pubbliche e private che potrebbe offrire dai 200.000 ai 400.000 posti di lavoro nell’Unione europea.

§ Non garantiscono un alto recupero energetico - Il risparmio di energia che si ottiene dal riciclare più volte un materiale o un bene di consumo è molto superiore all’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti. La plastica, che rappresenta circa l’11% in peso dei rifiuti urbani, è l’unica frazione merceologica la cui combustione è più vantaggiosa del riciclaggio: ciò è dovuto al suo elevato potere calorifico (ottimo per il processo di incenerimento) e allo scarso valore commerciale della plastica riciclata (un materiale plastico riciclato, infatti, può essere utilizzato una sola volta ed esclusivamente in applicazioni minori, come l’arredo urbano, fibre tessili e materiali per l’edilizia). Riciclare e compostare i rifiuti è un approccio più sostenibile rispetto a quello dello smaltimento, può ridurre i costi di gestione e creare posti di lavoro. I programmi di riciclaggio andati a buon fine in città del Canada, dell’Australia e del Belgio hanno portato a riduzioni dei rifiuti urbani fino al 70%. Fino a quando l’incenerimento sarà considerato come una soluzione alla crisi dei rifiuti, l’industria non sarà spinta verso la progettazione e la produzione di beni di consumo che non contengano sostanze chimiche tossiche. I rifiuti potrebbero essere riutilizzati, riciclati e compostati in condizioni di sicurezza garantendo in tal modo una soluzione sostenibile ad un problema globale, in linea con una visione progressiva di una società che produca Zero Rifiuti.

IL PROBLEMA DEI RIFIUTI

Con l'industrializzazione, lo sviluppo tecnico e la crescita economica, la quantità di rifiuti prodotti dall'uomo è cresciuta immensamente, soprattutto nei Paesi più industrializzati. Tra i molti tipi di rifiuti che si producono distinguiamo in base all'origine, quelli domestici o urbani, quelli commerciali, industriali, agricoli, minerari e radioattivi. Oltre a ciò i rifiuti si dividono in pericolosi e non pericolosi e prendono varie forme: solida, liquida, gassosa, mista (fanghi e melme) e ogni possibile combinazione. In funzione dell'origine, questi si possono degradare in prodotti pericolosi e non, per la salute umana o per l'ambiente. A ciò si aggiunge la possibilità di reazioni chimiche nei depositi. Le discariche per rifiuti sono ambientalmente accettabili se ben costruite e gestite, in caso contrario risultano dannose per l'ambiente.
Premettiamo innanzi tutto che i rifiuti domestici sono una raccolta eterogenea di quasi ogni cosa, dal cibo ai cascami di giardinaggio, alla carta, alla plastica, al vetro, alla gomma, alla cenere, ai laterizi, ai metalli, ecc. Molte di queste sostanze, reagendo con l'acqua formano una sostanza ricca di sali minerari e batteri, chiamato lisciviato. Questo si forma quando la pioggia si infiltra in una discarica e dissolve la frazione solubile dei rifiuti. Tutte le discariche contengono materia nei tre stati fondamentali, solido, liquido e gassoso e presentano un delicato equilibrio tra essi. Il modo più comune di sistemare i rifiuti domestici è di mischiarli a terra e stenderli, compattandoli, in una zona piana adibita all'accumulo. Per quanto riguarda l'ubicazione di una discarica, si deve scegliere il sito in base all'estenzione del progetto, ai materiali da costruzione e al problema della riabilitazione del sito. Il requisito principale nel progettare una discarica consiste nello stabilire esattamente il tipo, la natura, la cubatura dei rifiuti da sistemare. La scelta della discarica per un particolare tipo di rifiuti o per una miscela deve valutare anche i fattori economici e sociali, oltre a quelli geologici e idrogeologici. La discarica ideale non deve pertanto minacciare la qualità dell'acqua, essere priva di acqua ferma o in movimento e avere scorte sufficienti di terra per coprire ogni singolo strato di rifiuti. Dovrebbe essere situata ad almeno 300 mt. da ogni zona residenziale. Sempre in relazione all'idrogeologia, le rocce che proteggono meglio le risorse e le forniture di acqua sono quelle che hanno bassa permeabilità intrinseca.
Il progetto di una discarica e la scelta del sito sono influenzati dalle proprietà fisiche e biochimiche dei rifiuti. La qualità di lisciviato prodotta dipende dalla quantità d'acqua presente nella discarica. La quantità d'acqua assorbita dai rifiuti dipende dall'età della loro messa in posto. Le discariche ben progettate hanno non solo un rivestimento sul fondo e una copertura, ma anche una struttura cellulare, ovvero contengono i rifiuti in una serie di celle o "tombe", di argilla, coperte da uno strato di suolo e compattate. Non ci sono regole ben precise sul modo di scaricare e compattare i rifiuti solidi. I rivestimenti o incamiciature delle discariche sono costruiti con una varietà di materiali: argilla compatta di bassa permeabilità, membrana artificiale flessibile, sistema di rilevazione e raccolta del lisciviato, membrana artificiale flessibile, sistema di raccolta del lisciviato primario, tubi di raccolta. Alla base della discarica si possono piazzare come materiali di rivestimento, argilla, bentonite, geomembrane, suolo-cemento o bitume-cemento. I lisciviati si formano per la presenza di liquidi, principalmente acqua, nelle discariche, quando si supera la capacità di assorbimento dei rifiuti. Tra i vari materiali presenti, quelli materiali sono in genere biodegradabili; all'inizio la loro decomposizione è aerobica (prosperano i batteri per le condizioni umide), ma l'ossigeno viene rapidamente consumato e l'ambiente diventa anaerobico. Alla base della composizione anaerobica ci sono due processi fondamentali che operano in sequenza, semplificazione della frazione organica e riduzione di quella inorganica e metanizzazione.
In linea di massima nel suo passaggio attraverso suoli e rocce, il lisciviato subisce processi chimici e fisici che lo "attenuano", ovvero ne diminuiscono l'aggressività; tra questi, precipitazione, scambio ionico, assorbimento e filtrazione. I lisciviati contengono molti contaminanti che possono avere un effetto deleterio sull'acqua di superficie; se entrano in un fiume, ad esempio, l'ossigeno viene consumato dai batteri che demoliscono i composti organici e in caso grave, l'acqua ne viene del tutto privata. I principali inquinanti inorganici che possono dare problemi nei lisciviati sono ammoniaca, ferro, metalli pesanti e in minor misura cloruri, solfati, fosfati e calcio. L'ammoniaca può essere presente in parecchie centinaia di milligrammi/litro. Una concentrazione di 2,5-25 mg/l risulta letale per i pesci. Così come il ferro ferroso, il quale attraverso l'ossidazione produce depositi e intorbida l'acqua.
Sarebbe quindi doveroso, prima di iniziare a portare i rifiuti in discarica, programmare un controllo dell'acqua sotterranea e continuarlo fino a 20 anni dopo il completamento delle operazioni. L'effetto più serio di un lisciviato sull'acqua di falda è la mineralizzazione, dovuta all'azione degli ioni inorganici.
La progettazione ed esecuzione di lavori correttivi o riparativi, atti a rimediare a danni fatti in passato all'ambiente, infatti, sono processi delicati e complessi. Questi a loro volta non devono creare inquinamento ed il programma dovrà prevedere controlli e sorveglianza. A seconda del contaminante verrà applicata una diversa tecnica di intervento. La via migliore è quella del trattamento sul posto e non il prelievo del terreno contaminato. Si può pensare a misure di contenimento per isolare l'ambiente contaminato e a lavaggi con solventi ad hoc. Infine ricordiamo il biotrattamento o biocorrezione, usata per lo più per inquinanti organici, che comporta l'uso di microrganismi per biodegradare o trasformare gli inquinanti in forme innocue.
L'acqua di falda inquinata, invece, può essere estratta e trattata oppure subire il trattamento sul posto, questo dipende dalla solubilità dell'acqua e dalla volabilità delle sostanze inquinanti. Il metodo più usato per ripulire l'acqua dai contaminanti è di estrarla con pompe, trattarla e poi ri-iniettarla in falda, oltre a pozzi, si scavano trincee e fosse per far venire l'acqua in superficie. Per quanto riguarda la biocorrezione, si procede come nel suolo, distinguendo però tra acqua in condizioni aerobiche e acqua in condizioni anaerobiche; nel primo caso si aggiungono all'acqua ossigeno e nutrienti, nel secondo metano e nutrienti.
Senza dubbio vi è convenienza economica dietro a tutto questo, è un business. Non sono poche infatti le società del settore, che sono andate in prima pagina nei quotidiani regionali e nazionali denunciate per attività illecite, dopo ottenuto consistenti contributi regionali. Il problema dei rifiuti, tossici e non, è molto grave e nella fattispecie se inceneriti, potrebbero danneggiare l’ambiente circostante. E stiamo parlando di zone periferiche della città. Un territorio caratterizzato da vigne, olivi e altri prodotti agricoli che potrebbero risultare gravemente inficiati da un inquinamento siffatto.
Ricordiamo in proposito la battaglia durata per ben 5 anni fino al 2004, del Comitato spontaneo intercomunale contro l’inceneritore progettato dalla Abruzzo Energia s.r.l. nel territorio del Comune di Alanno, un impianto privato che prevede un termovalorizzatore per la produzione di 6 megawatt di energia elettrica, di cui 3 necessari per il proprio funzionamento.
Una bomba ecologica che rischiava di scoppiare nel territorio del Comune di Alanno. Non c’è giorno dove le cronache non riportano notizie riguardanti l’eco-mafia, discariche abusive, tentato smaltimento di rifiuti tossici, parole che si sentono sempre, che ognuno di noi ha in bocca, ma alle quali non si dà mai il peso necessario fino a quando non ci toccano direttamente. Ed è questa la preoccupazione delle popolazioni locali. Ricordo che non deve essere visto come un problema politico, come da molti strumentalizzato, non è importante il colore dello schieramento, ma è un problema per la salute di tutti i cittadini e dell’ambiente comune.

RICICLIAMOLI!!!!!!!!!!!!!!!!!!

I rifiuti siamo noi!

I rifiuti siamo noi!
rifiuti abbandonati sulla strada

ROSCIANO SI RIFIUTA!

La peste del secolo: la DIOSSINA